Fenomenologia dell’altro. Ho scritto che l’altro che incrocio casualmente non è, per me, che una figura: qualcosa che compare sulla mia retina e poi come immagine nel mio cervello. Ma nello stesso istante in cui il cervello riconosce la figura di un umano, con essa compare - no: un istante dopo - una costellazione di condizionamenti culturali: il valore dell’essere umano in generale o il disvalore di quel particolare essere umano. Di qui l’indifferenza, il rispetto o l’odio.

L’altro inoltre non è solo guardato, ma mi guarda. Guardandomi fa di me un oggetto; nel momento in cui il suo sguardo incrocia il mio sono meno libero. Fino a quando è una semplice immagine nella mia mente, posso sparargli, se quella immagine è associata a una figura verso la quale i miei condizionamenti mi spingono alla spietatezza - il nemico etnico, ad esempio. Ma quando il suo sguardo incontra il mio quella figura esce dalla massa anonima dei nemici e si individua. Io non ucciderò il Nemico, ma questa-persona-qui.

2025-10-06