Fenomenologia dell’altro. L’altro che mi ha generato o che ho generato. L’altro con cui sono in relazione continua, con cui vivo, che amo ecc. L’altro con cui sono in relazione parziale: il collega, il commesso del negozio ecc. L’altro che incrocio per strada, di cui nulla so, ma che mi diventa familiare. L’altro che incrocio per strada causalmente, e che non rivedrò più. L’altro che non vedo, ma che so esistere: gli indiani, i cinesi ecc.
L’altro che incrocio causalmente non è che una figura. Riconosco in lui o lei un essere umano, e ciò dovrebbe dispormi in modo benevolo. Ma non c’è nessun automatismo in ciò. Può essere che quella figura mi consenta anzi di inserirlo in qualche categoria umana verso la quale provo ostilità. Potrebbe ad esempio essere vestito da naziskin. L’altro che non vedo è nulla. Se qualcuno proponesse all’uomo o alla donna della strada di guadagnare un milione di euro a costo di uccidere una persona a caso, sconosciuta, soltanto premendo in pulsante, molti - forse i più - accetterebbero.